LA CAVALCATA DEGLI ANGELI: Storia della Madonna Incoronata e della sua devozione.

Una tradizione secolare vuole che l’ultimo venerdì di aprile di ogni anno, al Santuario dell’Incoronata di Foggia si festeggi la Vergine Maria qui venerata e, secondo la storia, apparsa l’ultimo sabato di aprile del 1001 ad un conte che si trovava nel bosco per una battuta di caccia. La Vergine Maria apparve, con accanto una statua dal volto bronzeo, seduta su un trono e disse queste parole:

«Voglio che qui sorga un Santuario in mio onore, senza ori ed ornamenti preziosi. Sarò io a renderlo celebre con le tante grazie che elargirò ai devoti che verranno ad onorarmi».

Nessuno, però, sa l’anno esatto in cui abbia avuto inizio la suggestiva Cavalcata degli Angeli che oramai da secoli si ripete coinvolgendo sempre più visitatori, pellegrini e fedeli.

I carri provenienti da tutta la provincia di Foggia, dalla terra di Bari e dalla Basilicata, ripropongono scene religiose che diventano quasi quadri viventi; dopo aver percorso tre giri di rito intorno al Santuario, avviene l’entrata; la cavalcata è totalmente organizzata spontaneamente dai fedeli senza nessuna influenza da parte della Chiesa ufficiale, né del clero.

Anticamente i fedeli stessi, promotori della camminata partivano in gruppi abbastanza numerosi e più volte, da uno stesso paese, si avviavano più gruppi per poi congiungersi in preghiera al Santuario; spesso, poiché lontani dai loro paesi di origine, i fedeli si fermavano qualche giorno nel bosco accanto alla Chiesa.

La Cavalcata degli Angeli è un evento suggestivo che ha catturato l’attenzione non solo dei turisti, ma anche di numerosi scrittori e giornalisti; di particolare interesse è la testimonianza dell’inglese Janet Ross, giornalista inviata del Times, che nel 1888 alla fine del suo itinerario pugliese visitò proprio l’Incoronata in occasione dei giorni della festa e della Cavalcata.

Queste le sue parole proprio sul viaggio verso Foggia e sul Santuario dell’Incoronata:

Ci recammo in carrozza da Foggia alla festa della Madonna dell’Incoronata che ha luogo nella settimana di maggio. La piccola chiesa sorge nel mezzo di un boschetto di querce ultimi avanzi della caccia reale di Federico II, a circa sei miglia da Foggia.”

Oltrepassammo un gran numero di traini, ovvero carri montati sopra due enormi ruote e tirati da muli o da cavalli, attaccati in tre. La maggior parte degli animali nel centro portavano sul dorso un meraviglioso edificio di ottone lucente, alto due o tre piedi sormontato da banderuole dello stesso metallo, che giravano e luccicavano al sole, ad ogni passo che l’animale faceva. I carri erano coperti da una tenda distesa a guisa di capanna e riempiti di un numero straordinario di uomini, donne e ragazzi. Altre comitive invece si trascinavano a piedi, in mezzo ad una polvere orribile, con due o tre somari carichi di bambini, o di malati che andavano ad impetrare la loro guarigione alla Madonna.

Dopo aver attraversato due corsi d’acqua, rivoletti appena capaci di bagnare i ciottoli, arrivammo alla famosa, antichissima quercia, dove Federico e suo figlio Manfredi avevano l’abitudine di fermarsi durante la caccia del daino e del cinghiale… Alla mite temperatura del maggio, sotto ogni albero sbocciava una macchia di fiori, nel mezzogiorno le piante sanno bene come presto fiorire. Non era possibile scorgere più una foglia, tanto i rami erano carichi di fiori.

Vicino alla chiesa, dentro piccole baracche di legname, si faceva gran commercio di rosari, giocattoli, dolciumi di dubbio aspetto, tamburelli, nocciole. Il nostro cocchiere voleva assolutamente che anche noi rendessimo l’abituale omaggio alla Madonna, girando tre volte intorno alla chiesa. I pellegrini giungono alla chiesa in comitive ordinate, da dieci persone fino a settanta e più, guidate qualche volta dal parroco del villaggio.

Come la chiesa rimane un po’ elevata si può vedere attraverso le grandi distanze di grano per parecchie miglia di distanza; ed allora i pellegrini, ordinati in lunghe file, sembrano delle vere processioni di formiche. Si sentono in lontananza le loro melodie alternate, voci di uomini e voci di donne, rinforzarsi a misura che si avvicinano al bosco delle querce; ed arrivano sfiniti di stanchezza e scalzi appoggiati al loro bastone di pellegrini, che ha in cima una croce e più sotto due uncini di ferro, di dove pendono una zucca con l’acqua, ed un ramo di abete e di olivo. Appena giunti fanno tre volte il giro della chiesa e poi s’inginocchiano davanti alla porta.

Un bel gruppo di montanari in costume abruzzese attirò la mia attenzione, e siccome mi guardavano con un sorriso incoraggiante, mi avvicinai e domandati loro il permesso di osservare gli ornamenti delle donne. Mi risposero con tutta cortesia, mi offrirono da sedere sopra un basto su cui distesero un panno pulito e si misero a parlare tutti assieme; alzando più la voce quanto meno io riuscivo a comprenderli. Infine, il più vecchio della famiglia venne in mio aiuto: era stato con Garibaldi…

I poveri pellegrini entravano nella chiesa inginocchiati, e così si spiegavano avanti sino all’altare in fondo e parecchi, specialmente donne, coi gomiti e le mani per terra. Si sale all’altare attraverso una doppia fila di scalini, ciò che dà un’aria di assoluta originalità a quella chiesa. L’immagine miracolosa rappresenta la Vergine nera con le mani distese, ed è così coperta di lacci d’oro e d’argento, catene d’orologi, orecchini, fermagli, anelli e medaglioni che non rimangono invisibili che la faccia e le mani. Tutto l’altare poi è coperto di ex-voti d’ogni genere. Gambe d’argento o di cera, braccia, teste, occhi, cuori; e una quantità di piccoli dipinti primitivi rappresentanti la nera Madonna nelle nuvole, che salva persone, o dall’annegare o dal cadere o dal bruciare… Alle porte della chiesa dei venditori di questi ex—voti di cera e di argento m’incitavano a comprarne uno per offrirlo all’altare… Lasciando la chiesa, fummo attratti dal suono d’un organetto, e di un tamburello, frammisto alle stridenti note di una chitarra “battente”. Era un gruppo di montanari che ballava la pizzica e la Tarantella col più grande entusiasmo… Poche scene ho visto così pittoresche come questa tarantella ballata nei piani di Puglie, sotto il sole abbagliante, fra gli asfodeli, i finocchi selvatici, i gigli del campo, da caratteristiche figure montanine, che piegavano il corpo flessuoso ad ogni battuta della musica vivace… Tutto l’orizzonte era un trionfo di porpora, illuminato dai raggi del sole morente…”

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