Pietramontecorvino, cielo e terra: uniti da 126 anni grazie a Sant’Alberto.

Ogni anno, il 16 maggio, Pietramontecorvino e i paesi circostanti festeggiano Sant’Alberto, vescovo normanno che, nonostante la cecità, rivolgeva sempre gli occhi al firmamento.

Ed è proprio al firmamento che puntano i “palij”, dei fusti d’albero lunghi fino a 20 metri addobbati con panni e scialli variopinti che “scortano” il carro che trasporta la statua del Santo durante il pellegrinaggio dei fedeli verso la vicina Montecorvino. Essi simboleggiano il legame tra cielo e terra, la speranza che “venga un aiuto dal cielo per affrontare le difficoltà legate al ciclo delle coltivazioni”.

La raccolta degli scialli che addobbano i “palij” comincia già qualche settimana prima, quando gli abitanti del paese, in particolare le donne, donano vecchie coperte, scialli e fazzoletti e in tempi antichi anche fasce per neonati, per rendere questi fusti sempre più colorati e quindi visibili. Quest’usanza ha origini antichissime, quando le donne offrivano fazzoletti e coperte per la vestizione del palio per richiedere al Santo di proteggere i propri uomini in guerra.

La tradizione vuole che i “palij” siano collocati più o meno vicino alla statua del Santo in base alla loro “età”: il più “anziano” viene collocato più vicino al santo, mentre il più “giovane” sarà collocato più lontano. Anche la loro altezza non è casuale, ma ha un senso legato al passato: con un’altezza di quasi 20 metri, essi permettevano e permettono ancora oggi, di seguire la statua di Sant’Alberto anche in lontananza, per coloro che, per età o per difficoltà motorie, non possono seguire la processione.

Il tragitto fra i due paesi, lungo sette chilometri e percorso rigorosamente a piedi, parte dal centro storico di Pietramontecorvino, in particolare dalla Chiesa di SS. Maria Assunta ogni 16 maggio dopo la messa mattutina e culmina ai piedi dei resti della maestosa torre detta “Sedia Del Diavolo”, che si erge sul verde della Daunia e affascina chiunque giunga ad essa.

La processione comprende anche la celebrazione di una messa all’aperto ed una cerimonia propiziatoria per il raccolto, in cui vengono benedetti i quattro punti cardinali mentre la statua del patrono, portata dalle donne, è rivolta verso i campi. Al ritorno verso il paese, invece, i “palij” vengono incrociati lungo il tragitto e poi aperti al passare del centro del paese.

Ma come e quando nasce questa tradizione?

La leggenda narra che ben 126 anni fa Sant’Alberto Normanno apparve in sogno a due donne e disse loro che per fermare la siccità che si stava abbattendo sui loro campi, tutto il popolo avrebbe dovuto compiere un pellegrinaggio penitenziale fino a Montecorvino, paese in cui il Santo aveva vissuto la sua giovinezza.

Le due donne diffusero il verbo e così, i petraioli, si avviarono lungo il percorso. Fu solo nel viaggio di ritorno, però, che il cielo concesse loro la pioggia promessa e da lì a qualche mese i raccolti furono i più generosi di sempre. Alberto il Normanno aveva sconfitto la siccità e conquistato l’eterna devozione del suo popolo.

Da quel giorno in avanti, quel pellegrinaggio entrò a far parte della cultura popolare e religiosa del paese e tutt’oggi il Santo, che si erge fra i fedeli, riesce ad unire i cittadini di Motta Montecorvino, Volturino e Pietramontecorvino, che condividono da sempre quest’usanza, portando addirittura, chi ormai vive altrove, a tornare in paese solo per questa ricorrenza.

(Laura Ruberto)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *